Indagine dei Carabinieri ricostruisce un sistema nazionale di totem e piattaforme clandestine, sequestrati beni per oltre 4 milioni di euro e contestata aggravante mafiosa
All’alba, in tre province del Sud, un’operazione dei Carabinieri ha messo a nudo un sistema di gioco online illegale capace di muovere milioni di euro. A guidarlo, secondo gli investigatori, sarebbe stato un gruppo strutturato che operava dietro società fittizie, rete di totem e piattaforme telematiche.
Nella mattinata di oggi i militari del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Salerno hanno eseguito un’ordinanza di misure cautelari personali e reali, emessa dal GIP del Tribunale di Salerno su richiesta della Procura. Il provvedimento riguarda tre persone: per Domenico Chiavazzo e Paolo Memoli è stata disposta la custodia cautelare in carcere, mentre per Giovanni Petruzzellis sono stati ordinati gli arresti domiciliari.
Secondo gli investigatori, i tre sarebbero “promotori, capi e organizzatori” di un’associazione finalizzata a un numero indeterminato di reati. Le accuse includono esercizio abusivo del gioco online e raccolta di scommesse, emissione di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di valori. Per il segmento d’attività legato al gioco illegale online, gli inquirenti ritengono sussistente “l’aggravante di cui all’art. 416 bis.1 c.p. per avere agevolato il clan dei Casalesi (fazione Schiavone)”.
L’inchiesta, basata su intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, videosorveglianza e contributi di collaboratori di giustizia, ha delineato un sistema complesso che avrebbe generato un flusso costante di denaro. Gli indagati avrebbero gestito una piattaforma denominata “Lireservice”, accessibile tramite totem diffusi in numerose attività commerciali in tutta Italia. Erano, in sostanza, computer collegati a una piattaforma madre che permetteva di aggirare i limiti imposti dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, creando un circuito parallelo e apparentemente regolare.
Accanto alle misure personali, il GIP ha disposto un ampio sequestro di beni. Oltre a Chiavazzo, destinatari delle misure reali sono altri 14 indagati, considerati prestanome o riciclatori. Il decreto riguarda società riconducibili al presunto capo, autovetture di lusso, conti correnti e immobili: 17 fabbricati tra locali commerciali, appartamenti di pregio e sedi aziendali, oltre a tre terreni. Il totale stimato supera 4 milioni di euro, mentre solo la liquidità sequestrata ammonta a circa 1,5 milioni. Una valutazione più precisa arriverà dopo l’immissione in possesso dell’amministratore giudiziario nominato dal GIP.
La ricostruzione del meccanismo di “Lireservice” evidenzia come il sistema consentisse di convogliare ingenti somme verso l’organizzazione, mantenendo un’apparenza di legalità e sfuggendo ai controlli. Una struttura capillare, replicata a livello nazionale, che — secondo le prime valutazioni — avrebbe garantito profitti elevatissimi.
L’indagine prosegue per chiarire la dimensione effettiva del giro d’affari e i collegamenti con le realtà criminali indicate dagli inquirenti.



