Nel Salernitano un medico del 118 ha lavorato dal 23 al 25 dicembre senza sosta su un’ambulanza rianimativa, tra turni scoperti e assenze
Sessanta ore consecutive di servizio, senza pause, senza rientro a casa e senza alcun cambio. È quanto accaduto nel Vallo di Diano, precisamente a Sant’Arsenio, durante le festività natalizie, dal 23 al 25 dicembre, a un medico del 118 impiegato su un’ambulanza rianimativa. A denunciare l’episodio è l’associazione “Nessuno tocchi Ippocrate”, che punta il dito contro una situazione ormai cronica di carenza di personale nel territorio salernitano.
La professionista, secondo quanto riferito, ha atteso invano la sostituzione prevista. Alcuni colleghi erano assenti per motivi di salute, altri impossibilitati a raggiungere la postazione per emergenze personali. Risultato: nessuno disponibile a coprire i turni rimasti scoperti, con il servizio di emergenza costretto ad andare avanti senza interruzioni.
Nel comunicato emerge un interrogativo centrale: chi ha autorizzato un turno di lavoro così prolungato, ben oltre le 12 ore previste? L’associazione solleva due ipotesi. La prima è che sia stata la stessa collega a proseguire il servizio, “evidentemente le conveniva anche economicamente”, pur precisando che l’azienda avrebbe comunque dovuto impedirlo. La seconda possibilità è che la prosecuzione del turno sia avvenuta tramite un ordine di servizio aziendale, ipotesi che gli estensori della denuncia definiscono difficilmente credibile, perché comporterebbe una violazione delle norme vigenti.
“Chi ha autorizzato le 60 ore?” è la domanda che resta aperta. Per “Nessuno tocchi Ippocrate” quanto accaduto “sfiora l’assurdo”: sessanta ore di lavoro continuativo non solo violano le regole contrattuali, ma rappresentano un rischio concreto per la sicurezza degli operatori sanitari e dei pazienti soccorsi.
Nel quadro tracciato dall’associazione, la situazione del Vallo di Diano si inserisce in un contesto più ampio di criticità della sanità d’emergenza in Campania, dove in alcune realtà le 24 ore di servizio continuativo vengono ormai considerate una consuetudine. Un quadro che riaccende il dibattito sulle responsabilità organizzative e sulla tenuta del sistema di emergenza territoriale.



