La Procura di Reggio Calabria Riapre il Caso Dopo 38 Anni: Accertamenti Tecnici per Risalire agli Autori del Crimine, si indaga sul boss Sebastiano Nirta della ‘ndrina Nirta Strangio
Dopo quasi quattro decenni dall’atroce omicidio del brigadiere Carmine Tripodi, nativo di Torre Orsaia, la Procura di Reggio Calabria ha riaperto il caso, iscrivendosi nel registro degli indagati quattro persone, tra cui il temuto boss Sebastiano Nirta, conosciuto come “Scalzone”, 66anni.
Nel contempo, la Direzione Distrettuale Antimafia ha ordinato un’analisi approfondita dei reperti ritrovati nell’Ufficio Corpi di Reato del Tribunale di Locri. Gli accertamenti, focalizzati su indumenti ed oggetti rinvenuti sulla scena del crimine, mirano ad individuare tracce di materiale organico che potrebbero condurre all’estrapolazione di un profilo genetico, consentendo così di identificare gli autori dell’omicidio attraverso il confronto con i profili genetici archiviati.
Il Brigadiere Tripodi, al comando della Stazione di San Luca, comune nel cuore della provincia di Reggio Calabria e fulcro della ‘Ndrangheta calabrese, perse la vita per mano della malavita organizzata alcuni anni dopo aver iniziato il suo incarico negli anni ’80. Grazie alla sua dedizione, diversi membri delle famiglie mafiose coinvolte in sequestri, estorsioni e omicidi furono condannati, attività che non furono bene accolte dalla ‘Ndrangheta.
La sera del 6 febbraio 1985, a soli trenta giorni dal suo matrimonio, Carmine Tripodi fu sorpreso da un commando mentre si trovava nella sua vettura, venendo ucciso con colpi di fucile e pistola. Nonostante le ferite, Tripodi riuscì a reagire estraendo la sua pistola d’ordinanza e sparando ad uno dei sicari, ma purtroppo gli assassini ebbero la meglio.
All’epoca dei fatti, vennero individuati i presunti responsabili dell’omicidio, tutti affiliati alle cosche locali. Tuttavia, nei processi che si susseguirono nei decenni successivi, tutti gli imputati furono assolti e il caso si concluse senza condanne.



