Solo un centinaio di uomini, inclusi Pisacane, riuscì a fuggire verso il Cilento interno, mentre più di 150 patrioti morirono nello scontro o furono fucilati
Il 25 giugno 1857, Carlo Pisacane e i suoi trecento compagni si imbarcarono sul piroscafo ‘Cagliari’, con l’obiettivo di scatenare una rivolta popolare contro i Borboni. Tra i patrioti vi erano figure di spicco come Giovanni Nicotera e Giovan Battista Falcone. Dopo aver preso il controllo della nave, il gruppo di ribelli riuscì a sopraffare il presidio borbonico di Ponza, liberando i detenuti e caricando armi e munizioni. Da Ponza, i patrioti si diressero direttamente verso Sapri, dove sbarcarono il 28 giugno.
Un Accoglienza Ostile
Al loro arrivo a Sapri, Pisacane e i suoi uomini non trovarono alcun patriota ad attenderli. Anzi, la popolazione locale li trattò con ostilità, spinta dalle autorità borboniche che avevano diffuso la notizia dell’imminente sbarco di un gruppo di evasi da Ponza pronti al saccheggio. Inoltre, le truppe borboniche si mossero rapidamente: da Salerno verso Sala Consilina e, via mare, da Gaeta verso Sapri, per contrastare i ribelli.

La Battaglia di Padula
Il 1° luglio, a Padula, i ribelli si scontrarono con l’esercito borbonico e subirono una dura sconfitta. Un centinaio di uomini, inclusi Pisacane, riuscì a fuggire verso il Cilento, mentre più di 150 patrioti morirono nello scontro o furono fucilati. La speranza di una rivolta popolare svanì rapidamente di fronte alla ferrea resistenza borbonica e alla mancanza di supporto locale.
La Fine Tragica a Sanza
Il giorno successivo, il 2 luglio, i fuggitivi furono sopraffatti a Sanza dalle guardie urbane e da parte della popolazione del paese. Pisacane, ferito e senza via di scampo, si tolse la vita con un colpo di pistola. La tragica fine della spedizione segna un momento doloroso della storia del Risorgimento italiano.
Il Duro Giudizio di Giuseppe Lazzaro
Dieci anni dopo, Giuseppe Lazzaro, uno dei dirigenti del Comitato liberale clandestino, descrisse con parole dure la fine della spedizione: «Le uccisioni e le ferite fatte barbaramente, all’uso de’cannibali… Le arti più nefande da parte delle Autorità furono aggiunte al piombo ed alla baionetta; talchè da que’valorosi si ebbe a lottare non solo contro le forze ordinate del Governo, ma contro i pregiudizi e gli errori di tutta intera una popolazione.»
La spedizione di Sapri rimane un simbolo di coraggio e sacrificio nella lotta per l’indipendenza e l’unificazione dell’Italia, nonostante il suo esito tragico.
Foto di Domenico Trezza



